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174 LIBRO TERZO — 1797.

rono da Roma i Francesi, e tornò lo stato di guerra. Il governo romano, a quegli aspetti di nemicizia, spedì oratori al ministro di Francia, e lettere a’ potentati stranieri, delle quali caldissime e preghevoli al vicino sovrano delle Sicilie. Ma niente poteva quanto il disegno del direttorio, e de’ popoli francesi e italiani; fu rammentata la morte di Basville, le brighe del Vaticano, le paci sempre iradite, le promesse mancate, la necessità di cacciare d’Italia la carie che da tanti secoli la rode. E fu subita la vendetta; chè il 28 del dicembre morì Duphot, e il 25 di gennajo le schiere francesi movevano di Ancona contro Roma, per comando venuto da Parigi.

Le guidava il general Berthier; poichè Bonaparte, fermata la pace dli Campoformio, era andato in Francia per trionfare, non come gl’imperatori dell’antichità (però che alla repubblica francese mancò il senno di ravvivare l’augusta cerimonia del trionfo), ma per pubbliche lodi e accoglienze. Il presidente del direttorio lo chiamò l’uomo della provvidenza; in tutte le adunanze, ne’ circoli, tra le moltitudini, si ripeteva ciò che stava scritto sopra bandiera donatagli dalla repubblica. «Ha disfatto cinque eserciti; trionfato in diciotto battaglie e sessantasette combattimenti; imprigionato centocinquantamila soldati. Ha mandato centosessanta bandiere alle casi militari della Francia; milacentocinquanta cannoni agli arsenali, duecentomilioni all’erario, cinquantuno legni da guerra a’ porti; tesori d’arti e di lettere alle gallerie e biblioteche. Ha fermato nove trattati, tutti a gran pro della repubblica. Ha dato libertà a diciotto popoli.» Ma più che il desiderio del trionfo, egli portava il disegno di altra guerra, e la speranza di maggiori glorie. Per la pace di Campoformio ebbe la Francia frontiere più vaste, meglio difese tra l’Alpi e il Reno; sorse la repubblica cisalpina, e spuntarono altre repubbliche; finì la veneta; e per i suoi stati ceduti all’impero si agguagliarono le disparità di dominio che le nuove avean prodotte; fu misera la sorte de’ Veneziani ma condegna di popolo tralignato. Il re delle Sicilie riconobbe la repubblica cisalpina. Parve durevole quella pace perchè danno alla Frania confini desiderati e naturali, ed all’Austria, benchè sempre vinta, una frontiera in Italia meglio configurata dell’antica, e dominii più vasti, e maggior numero di soggetti, soffrivano danno alcuni principi del corpo germanico incapaci di guerra, e la repubblica veneziana, prima invilita e allora spenta. I negoziatori d’ambe le parti ebbero premii da’ proprii governi, lodi dal mondo; il marchese del Gallo, che aveva sostenute le ragioni dell’impero, tornò in Napoli ricco di doni e di fama.

XXVII. Erano altri cehe di pace i destini di Europa; e di già la turbavano i fatti di Roma. Il generale Berthier, negando ascolto agli ambasciatori del papa ed agli offizii delle corti di Vienna, Napoli e