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164 LIBRO TERZO — 1795.


L’insita loquacità della regina, cui abbiamo debito di aver saputo i secreti parlari dell’ Acton, del re, di lei stessa, svelò il consiglio di Caserta alla marchesa di Sammarco, dama tra le prime, confidente e compagna negli amori, dicendole che il fratello cavalier de’ Medici (giacobino, che sarebbe se lo ajutasse fortuna il piccolo Robespierre) conspirava contro il trono. Egli, così avvisato del pericolo, andò alla reggia; e negatogli accesso alla regina, parlò al re, il quale a’ ragionamenti ed alle preghiere nulla rispose; ma nel vegnente giorno lo depose d’uffizio, e lo chiuse nella fortezza di Gaeta. Nel tempo stesso menavano alle prigioni un Colonna figlio del principe di Stigliano, il duca di Canzano, il conte di Ruvo, un Serra di Cassano, e i Caracciolo, i Riarii ed altri nomi chiari per le grandezze degli avi e per le presenti; primi baroni, imparentati alla più alta nobiltà del regno, e per immemorabile feudalità venerati e temuti da’ popoli. Del quale ardire del governo importa svolgere le cagioni. Le passioni de’ sovrani di Napoli, sdegno cioè della offesa monarchia e pietà degl’infelici parenti, si accesero prime e cieche contro i Francesi; ma poi che videro disperata la vendetta sopra popolo fortissimo e lontano, si volsero a sfogare nel proprio regno su le immagini della Francia; chiamarono giacobini gli amanti semplici ed innocenti di vaga libertà, i lodatori delle repubbliche, i leggitori delle gazzette straniere, coloro che imitavano nel vestimento le mode francesi; ed indi a poco, di giacobini gli dissero congiurati ad abbattere il trono, a rovesciare gli altari, a spegnere il re e i sacerdoti. Così che ad oneste brame, o a semplici apparenze di vita diedero colpa e peso di maggiori delitti. Veramente all’arrivo dell’ammiraglio La Touche parecchi Napoletani, come ho riferito, convennero in secrete combriccole per comunicare con quei Francesi, e per volgere in italiano e stampare le costituzioni del 91; ma sciolte dai rigori del governo le adunanze, i vaghi di libertà s’incontravano alla sfuggita, balbettavano l’un l’altro all’ orecchio le notizie correnti, si rallegravano de’ successi della Francia, speravano e separavansi; non avevano di congiura npè scopo, nè mezzi; la polizia, la giunta di stato, i ministri del re, la regina col numeroso corteggio delle spie, percuotevano i fantasmi. E più inferocivano per non trovare le pruove del delitto, e credere nel silenzio degli accusati forza di secreto e di fede; quindi moltiplicavano i martorii a’ prigionieri; imprigionavano Pagano, Ciaja, Monticelli, Bisceglia, il vescovo Forges ed altri venerati per dottrina e virtù; insidiavano l’onestà, promettendo uffizii e doni a chi rivelasse le colpe di maestà; guastavano i costumi delle famiglie, nemicando il fratello al fratello, il figlio al padre; pervertivano la morale del popolo, sciogliendo tutte le fedeltà, di servo, di custode, di cliente, di confessore. Scomponevano la società.