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152 LIBRO TERZO — 1794.


XI. Le genti venute da Tolone, raccontando ed esagerando fatti veri o falsi, generavano idea spaventosa de’ Francesi e della guerra. Il governo, impedite le feste giocose del carnevale, comandate pubbliche orazioni, ma costante agl’impegni ed alla vendetta, levati nuovi coscritti e guardie urbane nella città, pose nei piani di Sessa venti battaglioni di fanti, tredici squadroni di cavalieri, ed un reggimento di artiglieria (diciannove mila soldati), destinati a guerreggiare con gli eserciti tedeschi nella Lombardia; i sudditi ammiravano le opere sacre perchè dicevoli a principi devoti; e le militari, perchè animose. Il re, la regina e ’l ministro general Acton, stando spesso al campo, eccitavano con discorsi e promettevano larghe mercedì alle azioni di guerra; intanto che nel golfo di Napoli si vedevano movimenti e simulacri di battaglie e di mare. La Inghilterra volendo assaltare la Corsica, dimandati a noi vascelli, armi e soldati, tutto ebbe; e sebbene infelice la impresa, furono laudate le geste. Tre reggimenti di cavalleria, duemila cavalli mossero per Lombardia sotto il principe di Cutò, scelta laudata, perchè di regnicolo dopo le altre di stranieri e sfortunate. Le navi cannoniere e bombardiere montavano a centoquaranta, i legni maggiori a quaranta, le milizie assoldate a quarantadue migliaja, le civili a maggior numero; le provvisioni erano infinite, le imprese grandi e continue. Le quali prove superiori alla forza de’ porti e della marineria, al censo e alle condizioni politiche del regno, arrecavano stenti all’erario, nocumento alle arti ed alle industrie, povertà alle famiglie. Pareva miracolo sostener tanta spesa, e dicevasi che la soccorresse il privato tesoro del re, aperto da’ bisogni e dallo sdegno. La regina per accreditare quelle voci confidava scortamente a’ suoi partigiani, e questi al pubblico, aver ella venduti o dati a pegno i suoi giojelli, e per le viste del monde andare ornata de’ contraffatti nelle gale della reggia.

Quelle opinioni giravano, quando per nuovo decreto il governo dimandò soccorsi o doni che per essere a pro della patria chiamò patriottici: tutte le comunità, tutte le congreghe, molti cittadini ne diedero in copia; e i loro nomi vennero scritti per onore ad essi, stimolo agli altri, sopra tabelle pubbliche. Altro decreto impose taglia del dieci per cento (perciò appellata decima) su le entrate prediali; escludendo i possessi del demanio regio, del fisco e de’ feudi: le terre della chiesa vi andarono soggette; e poichè delle imposte antiche pagavano (per il concordato del 1741) sola metà, oggi, abolite le ultime immunità de’ cherici, furono agguagliate alle comuni; dicendo, ma per inganno, che le gravezze su gli ecclesiastici sarebbero scritte in preparato libro come pigliate a prestito. Con gli altri decreti furono venduti molti beni della chiesa in pro del fisco; e banditi, per vendere, altri beni che si dicevano allodiali. La città