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130 LIBRO SECONDO — 1790.

sailles e Parigi. Andò nel dì prefisso tra gli evviva del popolo al congresso; e parlando superbamente, rivocati i decreti e per fino il nome dell’assemblea nazionale, comandò la unione de’ tre stati. Fu notato che disse: «Nessun provvedimento degli stati-generali aver forza senza il suo beneplacito. Giammai re quanto lui aver tanto fatto a pro del popolo. Egli solo saper fare il bene de’ Francesi, sol egli (se abbandonato dagli altri) compirebbe l’opera cominciata, però ch’egli era il vero e il solo rappresentante de suoi popoli.» In mezzo al qual discorso il guarda-sigilli lesse diceria nella quale si udiva spesso, il re vuole, il re comanda, ed altre frasi che la condizione de tempi disdegnava. Poscia il re, dicendo fornite le bisogne di quell’adunanza, si partì; seguito da’ plausi e dalle persone de due primi stati, dal silenzio del terzo che restò nella sala a consultare; licenziato, resistè; ed in quelle angustie di animo e di tempo decretò inviolabili le persone de’ rappresentanti del popolo.

Crescevano il sospetto e ’ltumulto. Il re fastidito dei tiepidi consigli del Necker, lo mandò in esilio; altre milizie adunava intorno a Versailles; feste militari nella reggia concitavano le guardie; la rozina irritava gli sdegni; l’annona scarsa in quell’anno, più scemava; i moti civili turbavano la Francia intera. Pure bramavano pace l’assemblea ed il re; ma pace per l’una erano le nuove leggi, e un libero stato; pace per l’altro, la sommissione del popolo è l’antica pazienza; e però dal desiderio comune di quiete sorgevano le discordie. Gli animi, pronti a gran fatto. si mossero a Parigi, appena udita la cacciata del Necker, tenuto sostegno della finanza, oppugnatore a’ partiti estremi della tirannide, paciero tra l’assemblea e la corte. I popolani alzati a tumulto, portando ad onore per la città il busto in marmo del disgraziato ministro, gridavano voci onorevoli a lui, minacciose al monarca; e le guardie svizzere non sopportando lo spettacolo, fiaccata con l’armi la calca, ruppero il busto ed il trionfo. Trionfo indebito quanto l’esilio; avvegnachè il Necker, buono di animo, mezzano d’ingegno, vanitoso, non uguale all’altezza de’ tempi, ebbe fama o patì sventure dalle necessità del presente: tre volte chiamato in Francia onorevolmente, e tre scacciato; ogni caduta compianta; l’ultima, come dirò, inavvertita.

Le tre assemblee, sino allora discordi, amico il timore, sì che formate in una mandarono al re pregando di allontanare i campi dalle due città. e armare le milizie cittadine a sostegno dello stato. Rispose che i fatti di Parigi obbligavano anzichè allontanare quelle schiere, avvicinarle ed accrescerle; che le milizie civili in quel momento farebbero pericolo; ch’egli saprebbe reprimere i popolari tumulti; egli solo potendo giudicare la gravezza de’ casi. Le quali sentenze animose non risponderebbero al cuor debole di Luigi, se già gran tempo, per istinto di re, per deferenza a’ voleri dell’amata