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LIBRO SECONDO — 1790. 127

de sudditi, chiedeva a’ notabili consiglio ed ajuto. Parlarono appresso il guarda-sigilli laudando il re; e con diceria più altiera il controloro del fisco Carlo Alessandro Calonne, inteso a discorrere i pregi e le opere del principe, le miserie dell’azienda nel 1783, la prosperità di lei nel 1787, e le proprie gesta. Poi, minaccioso, rispondendo alle divulgate accuse del pubblico, tacciava di mentitori Terray e Necker, suoi predecessori nell’azienda, conchiudeva proponendo inusitate gravezze a’ beni ecclesiastici e feudali. Spiacquero i discorsi e la tracotanza, sconvenevoli a’ tempi, e peggio a’ bisogni del re e dell’erario.

Furono quindi oneste le opposizioni; e tanto grido si alzò contro il Calonne che il re per prudenza lo scacciò, e scelse successore il vescovo di Tolosa, tra’ notabili caldo parlatore, grato a’ compagni. E l’assemblea, secondando i voleri del re, propose gravezze nuove a’ beni del clero e de’ nobili, rivocò molti privilegi, scrisse l’atto de’ decreti, e si sciolse.

XXXVI. Mentre le riferite cose agitavano in Versailles l’assemblea de’ notabili e la corte, i sapienti e i novatori della Francia, disputando le stesse materie di governo con libertà popolana, concitavano gli animi e i desiderii a riforme assai più vaste delle profferte dal re. Le quali mandate secondo l’uso al parlamento di Parigi, questi, ambizioso di pubblica lode, negò apertamente di registrarle. Un giovine consigliero denunziò le prodigalità della reggia, altro consigliero espose il bisogno di convocare gli stati-generali, e poichè questi promettevano grande utilità, così dalla propria possanza come dal desiderio compreso e universale fu la voce lietamente udita e ripetuta. Gli stati-generali, principio della rivoluzione francese, ebbero veramente il primo grido nel parlamento di Parigi.

Il qual grido sdegnò il re, e chiamato il parlamento a Versailles, in adunanza comandata (detta nelle costituzioni di Francia Letto di Giustizia) fece compiere gli atti rifiutati a Parigi. Ma il congresso, tornato libero, protestò contro la patita violenza; e ‘l re, per castigo ed esempio, lo confinò a Troyes. Gli altri parlamenti della Francia denunziavano al popolo i fatti del parlamento di Parigi: e gli editti o leggi, però che non registrati, mancavano di effetto; e cresceva fuor di misura il bisogno del fisco. Il re costretto a simulare accordi, dicendo il parlamento ravveduto e supplichevole, lo richiamò a Parigi per adunarlo il dì 20 di settembre.

Quando egli, con fasto inopportuno e trasandando i discorsi di convenienza e d’uso, lesse decreto che imponeva il prestito di quattrocentequaranta milioni, e prometteva di convocare al quinto anno gli stati-generali. Si notava nell’adunanza silenzio e sbigottimente, allorchè il duca d’Orteans con atti sommessi dimandò, se quello era