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LIBRO SECONDO — 1783. 121

vano a frugare nelle rovine, rubare nelle mal custodite baracche, rapire, uccidere; fu grande il numero de’ misfatti. E cotesti uomini guadagnavano largamente per l’opera delle braccia in ergere le capanne, o scavare nelle rovine, o andar lontano a comprar viveri; così che molte agiate famiglie impoverivano, e più che altrettante salirono a ricchezza. I beni mobili furono la più parte distrutti; il nuovo corso delle acque tolse terre o ne donò; terreni già fertilissimi sterilirono; agnati lontani di famiglie spente accolsero eredità non sperate; per terreni gli uni agli altri soprapposti, e per altri casi di dominio, nei quali mancavano i precetti del codice o la guida dell’umano giudizio, generandosi quantità di transazioni, la proprietà fu divisa e spicciolata; distrutti i processi con gli archivii, i fogli e i documenti con le case, si sperdevano le private ragioni o si confondevano. Le ricchezze furono dunque sconvolte quanto la terra; e que’ mutamenti di fortuna, rapidi, non pensati, peggiorarono i costumi del popolo.

XXXI. Velocissime giunsero in Napoli le prime nuove, ma per la stessa celerità non credute, e perchè le verità che avanzano l’intelletto comune danno le apparenze della fallacia. Altre voci di fama, altri fuggiaschi, e nuncii, e lettere avvisarono il governo de’ troppo veri disastri, e subito, quanto puote umana debilità contro le forze sterminate della natura, fu provvisto al soccorso di que’ popoli. Vesti, vettovaglie, denari, medici, artefici, architetti; e poi dotti accadeemici, e archeologi, e pittori andarono nella Calabria; capo di tutti, rappresentante ii principato, il maresciallo di campo Francesco Pignatelli: una giunta di magistrati reggeva le amministrazioni; una cassa detta sacra raccoglieva le entrate pubbliche o della chiesa, e manteneva gli ordini dello stato; le taglie che i possessi ecclesiastici pagavano per metà, come dal concordato del 1741, furono agguagliate nelle Calabrie alla sorte comune; s’impose, per soccorrere le due rovinate province, alle altre dieci del regno tassa straordinaria d’un millione e. ducentomila ducati. Si andava ristorando quell’afflitta società.

Quando nella estate, per fetore de’ cadaveri (bruciati ma non tutti e tardi), ed acque stagnanti, meteore insalutari, penurie, dolori, sofferenze, si manifestò ed estese nelle due Calabrie morbo epidemico, il quale aggiunse morti alle morti, e travagli ai travagli di quel popolo. Tanto miseramente procedè quell’anno; ed al cominciare dei 1784, fermata la terra, spenta la epidemia, scordati i mali o gli animi rassegnati alle sventure, si volse indietro il pensiero a misurare con freddo calcolo i patiti disastri. In dieci mesi precipitarono duecento tra città e villaggi, trapassarono di molte specie di morte sessantamila Calabresi; e in quanto a’ danni, non bastando l’arte o l’ingegno a sommarli, si dissero meritamente in-