Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/122

112 LIBRO SECONDO — 1776-83.

riposava su la fede cangiante dei trattati e le fallaci promesse de’ Barbareschi. Bisognavano vascelli e milizia, ma non trovando fra i soggetti chi sapesse abbastanza di cose militari, piaceva cercare tra gli Austriaci un generale di esercito, e altrove un ammiraglio che non fosse nè Spagnuolo nè Francese. Tali cose agitavano ne’ privati della regina uomini alti di autorità e d’ingegno; ammessi, chi per afforzaew il segreto voto di lei nel consiglio del re o proporlo come fosso loro propri, e chi per dar corso e credito agli editti ed alle opere del governo. In un dei circoli il principe di Caramanico, grato e forse caro alla regina, propose di chiamare ammiraglio del navilio napoletano il cavaliere Giovanni Acton, negli stipendii in quel tempo, della Toscana, ornato di fresca gloria nella impresa di Algeri, con fama di esperto in arti marinaresche e guerriere, imprendente, operoso. Il marchese della Sambuca secondò la proposta perchè, assetato di ricchezza e di subiti guadagni, già dechinando dal favore de’ due sovrani, adulava le opinioni de’ potenti. E perciò, non contrastato il parere del Caramanico, ed acconsentito dalla regina e poco appresso dal re, fu mandato a Firenze il cavaliere Gatti per avere al nuovo ammiraglio licenza dal granduca Leopoldo. Cosi Acton venuto in Napoli nel 1779, bene accolto dalla regina, svagatamennte dal re, lodato dai grandi, fu direttore del ministero di marina.

La finanza dello stato decadeva per quel che innanzi ho detto; e perchè, accresciute le spese della reggia, non bastavano le gravezze antiche, e sembravano le nuove oltrachè sconvenienti a tempi di pace, insopportabili da’ popoli. Il marchese Caracciolo ambasciatore in Francia, aveva riputazione di dottrina nelle materie di economia, e perciò chiamato al ministero in luogo del Sambuca, fu creduto che ristorerebbe l’azienda pubblica senza la increscevole minorazione delle spese, che pure ne’ consigli di stato timidamente si proferiva; e per quella fidanza duravano lo spendere del re, le prodigalità della regina, il lusso della casa, la difficoltà dell’erario. II marchese Caracciolo, dotto e filosofo dei tempi suoi, ma per troppa età indebolito d’animo e di mente, vide gli errori dell’amministrazione, sentì che a lui mancavano i giorni e le forze a correggerli; il favore del Caramanico, la nascente potestà dell’Acton non concitavano in lui nè gelosia, nè disdegno; già scorsa l’età delle passioni, egli volea godere nel riposo gli onori passati e i comodi presenti. La debilità del ministro, appigliata come avviene in dispotiche signorie a tutte le membra dello stato, agevolò le speranze dell’Acton.

XXVI. La corte di Roma quando vide Napoli governato da ministro debole alle contese, propose novello concordato; ed, accettata l’offerta, inviò per le sue parti monsignor Caleppi a referire