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108 LIBRO SECONDO — 1776-83.

mo consiglio, i sofismi escogitati ed esposti nel suo foglio; spera è che la obbedienza dei magistrati prevenga e disarmi la giustizia indivisibile della sovranità.» Per lo stile minaccevole dell’editto la curia chetò, è i curiali impauriti si dissero persuasi; nessuno de magistrati rassegnò l’uffizio, nessun partito estremo, che nella sconfitta onora l’umana dignità, fu praticato. E così da quel giorno, dimostrate le sentenze, la comune ragione migliorò,

XXI. Antica prammatica de’ principi aragonesi aveva stabilito nel regno il sindacato per gli amministratori del denaro pubblico e pe’ magistrati; erano sindacatori nella città capitale gli eletti delle piazze; nelle altre città e terre, i cittadini scelti dal popolo in parlamento: durava per ogni anno il cimento quaranta giorni, venti a ricevere, venti a discutere le accuse, nel qual tempo l’uffiziale messo ad esperimento restava privo d’impiego e di autorità; a ciascuno, fin della plebe, era concesso accusarlo di fatta ingiustizia o di giustizia negata; se andava immune, lettere patenti commnendavano la sua virtù, e se in contrario, aprivasi giudizio a suo danno. I re che succederono agli aragonesi trasandarono quegli ordinamenti che poi Carlo Borbone richiamò, Ferdinando accrebbe, ma senza pro, giacchè le altre parti di governo ed i costumi universali non toccavano a quell’altezza; spesso il timore della vicina rinascente autorità chiudeva il labbro degli offesi da giudici disonesti, e spesso privata vendetta dava travagli al giusto giudice sol perchè fu punitore di alcun prepotente. La Buona legge produceva frutti non buoni, come libertà che sta sola in mezzo a moltiplici servitù.

XXII. Le cose di giustizia fin qui descritte sono degne di lode; dirò le contrarie. Duravano come a tempi di Carlo i giudizi criminali; e però lo stesso processo inquisitorio, gli stessi scrivani inquisitori, tortura e supplizii agli accusati; il criterio de’ giudici arbitrario; e le sospezioni contro loro, innanzi ammesse, oggi da nuova legge rivocate. Mantenuto il giudizio del truglio, anzi fatto più frequente, e peggiorato perchè non interrogata la volontà del condannato, nè il suo consentimento necessario. Legge barbara puniva i ladri, detti saccolari dal rubar nelle tasche, con la tortura, per pruove benchè indiziarie, con processo inquisitorio ancorchè non compiuto, e non inteso l’accusato, nè difeso: riferisco le parole della prammatica. Legge più superba prescrisse il rispetto alla reggia; così appellando tutte le case del re, le ville, le abitazioni di campagna o di caccia, gli atrii, le corti, le officine de’ suddetti edifizii. comunque dal re non abitati: chi brandisse un’arma in que luoghi pena la morte. Altra legge punì i Franco-massoni, chiamati così dall’editto, agguagliandoli a’ rei di maestà giudicabili dal tribunale di stato con forma ad modum belli; e la pena, benchè non espressa, era, per la qualità del definito delitto, la morte.