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LIBRO SECONDO — 1776-83. 105

prammatiche del fisco. Esercitata perciò la vigilanza con lo zelo dell’avarizia privata, e con la potenza della forza pubblica, l’arrendamento fruttava al compratore il doppio che all’erario, e costava triplicato a tributarii.

Il re abolì parecchi arrendamenti, quello detto del minuto, l’altro del capitano della grascia, e sul tabacco, la manna, l’acquavite, il zafferano, i pedaggi, e, in certe province, la seta; ma per non privare l’erario di quell’entrate, nè mancare agli obblighi fermati con gli acquirenti, furono messe nuove taglie, altre accresciute, meno gravi al popolo, meglio profittevoli alla finanza. Questo è il luogo di riferire fatto memorabile per documento del tempo. Visto il danno che gli arrendamenti portavano allo stato, voleva il governo ricomprarne alcuno, e poichè gli assegnatarii (era il nome dei possessori) nol consentivano, il re decretò che i tribunali ne giudicassero con forme uguali e libere. Si trattava se il fisco potesse riscattare a condizioni giuste gli arrendamenti trasferiti ad altrui dominio; e così muovere o migliorare, secondo i bisogni deilo stato, la finanza pubblica. Era tra’ giudici Ferdinando d’Ambrosio, per fama scaltro ed avaro, il quale nell’atto della sentenza, udendo i giudici compagni sostenere le ragioni del fisco, pregò silenzio, e tirato da’ viluppi della toga grosso crocifisso, in positura e con voce da missionario, disse: «Ricordatevi, o signori, che dobbiamo morire, che solamente l’anima è immortale, che questo Iddio (indicando la croce) vorrà punirci dell’avere anteposto alla giustizia l’ambizione. In quanto a me, io proferisco per gli assegnatarii.» Ma il voto non fu seguito perchè ingiusto, e sapevasi che un congiunto del divoto oratore stava nelle parti contrarie al fisco; così l’arrendamento del sale fu ricomprato. E pure l’azienda pubblica, disordinata, come ho detto, traeva in ogni anno quattordici milioni e quattrocentomila ducati; e di tanta somma la baronia, benchè possedesse più che metà delle terre del regno ne pagava solamente duecentosessantottomila.

XIX. Impercciochè la feudalità poco depressa nei regno di Carlo, acquistava tutto di maggiori dovizie sotto Ferdinando per opera de’ curiali, i quali, intendendo a scemare le giurisdizioni feudali per ammontarle alla curia, e ad accrescere le ricchezze de’ feudatarii per esserne a parte, trovavano potenti ajuti quando dal governo, inteso pir esso a spegnere il mero e misto imperio; e quando dal re che per abitudini, affetti ed istinto regio favoriva i baroni. Perciò si leggono di quel tempo molte prammatiche o dispacci repressivi della giurisdizione baronale; e, a costo ad essi, altri ne mantengono le è franchige e scemano le taglie; così che per Adoa e Rilevio (sono i loro nomi) pagavano i baroni più gravati il sette per cento di rendita, mentre i cittadini più favoriti il venti, la comune il trenta,