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122 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

magnanimo tanto chi dà come chi riceve la morte in campo. Ci pare sovrumano il maresciallo Ney a Vaterloo, quando nella tragica ora della sconfitta già imminente, grida con voluttà disperata che vorrebbe tutti nel petto i proiettili dei cannoni inglesi rombanti nell’aria. Sublime ci pare quell’oscuro lanciere francese, che là, in una delle ultime cariche di cavalleria, gittò la sua lancia in mezzo a un quadrato inglese, per andare a raccattarla come per gioco in quel quadrato; e spronò e balzò e cadde egli e il suo cavallo sulle siepi di baionette, schiacciando altri e morendo. Chi mai ci pare più grande di lord Cardigan, quando ricevuto l’ordine di assalire le batterie russe a Balaclava, sa che vi morirà egli, l’ultimo di sua schiatta, forse con tutti i suoi seicento cavalieri; ma snuda la spada e gridando: «Avanti, ultimo dei Cardigan!» galoppa alla morte come se volasse al cielo?

Ma quel Montanari e quel suo grido, son ben più degni di storia.

Quello di Calatafimi fu fatto d’arme che appena potrebbe stare come frammento episodico di una di quelle grandi battaglie. Eppure per l’importanza e per l’influenza sua sulla vita della nostra nazione, conta quanto e forse più di ciascuna d’esse per altre. E il Generale? L’arte di Garibaldi, mirabile già nell’aver saputo creare in tutti i suoi un sentimento profondo, sicuro, superbo della loro situazione, nei tre giorni avanti; in quello del fatto d’armi, stette tutta nell’averseli tenuti stretti nel pugno come un fascio di folgori, fino al momento in cui, non essendo più possibile in nessun modo lasciare il campo non vincitori, potè abbandonar ognuno al comando di sè stesso,