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Il combattimento 119

Bixio, il quale la aveva lasciata al suo luogotenente Dezza. Egli si era portato avanti forse per trovarsi sempre vicino al Generale, per non perderlo di vista mai, quasi che in caso di sconfitta si sentisse di salvarlo, o, non lo potendo, volesse morirgli al lato.

Passavano le ore, e Garibaldi, che di solito preferiva assalire, non si risolveva all’attacco.

Sperava forse che nelle file nemiche si destasse qualche sentimento italiano? Chi lo sa! Ma si può crederlo perchè aveva ordinato di portar nel punto più alto la bandiera tricolore, e di farla sventolare. Ad ogni modo sembrava che avesse risolto cavallerescamente di lasciar ai Napolitani il vanto d’assalir primi.

E verso il tocco squillò una tromba napolitana. Uno dei garibaldini, certo Natale Imperatori della 6ª Compagnia Carini, che conosceva quella sonata, disse subito: «Vengono i Cacciatori!»

E difatti, contro il grigio e il verde del suolo, furono viste prima come un formicolio, poi più nette, spiccate le divise cilestrine discendere alla sfilata, agili, giù pei terrazzi del loro colle, serpeggiando tra i ciuffi di fichi d’India. Erano addirittura due Compagnie. Giunti all’ultima falda del colle, s’avanzarono pel po’ di spazio che faceva la valletta, e cominciarono i loro fuochi di sotto in su contro i garibaldini della prima fronte. Questi erano i Genovesi. Chi li poteva tenere che non rispondessero al fuoco delle quadriglie? Pure durarono un pezzo senza sparare e peritissimi al tiro giudicavano impediti i nemici le cui palle passavano miagolando molto in alto: ma alla fine cominciarono anch’essi con le loro carabine di pochissimo scoppio, ma secco,