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216 CAPO XXIV.

pellire il corpo: indi si introdusse il rito più onorifico d’abbruciarlo, e custodirne le ceneri in urne o vasi di mille fogge: sopra d’ogni recipiente segnavasi con brevi epigrafi il prenome e cognome del defunto, e gli anni che visse1. Il rito della combustione avevasi per più gradito al dio infernale, perchè instituito da Bacco istesso2. Pure alle volte in una stessa sepoltura comune gentilizia si poneva senza distinzione, benchè con riverenza pari di sacrifizio, tanto il corpo, quanto il cenere di coloro che partecipavano al culto privato della famiglia: consuetudine o statuto di religione che si ritrova ugualmente prescritto nella legge romana dei funerali3. Molto più notabile, atteso la singolarità del costume, è il rito egizio che si vede adoprato in talune sepolture degli Etruschi: sia che ciò fosse una speciale religione della casa, o piuttosto, come par probabile assai, una strania e molto accetta superstizione rinnovatasi in secoli non troppo antichi4.

Quale e quanto si fosse nell’universale il dovuto ufficio con cui s’assistevano per religione i moribondi nell’ultim’ora, e quanto solenne la funebre pompa colla quale s’accompagnava alla sepoltura il defunto di nobile stato, e là si deponeva con preghi, donativi, e riti sacri all’ombre, l’appalesano a tutti con signi-

  1. Vedi tav. lix. 5., lx. cv.
  2. Nonn. Dionys. xxxvii. v. 104 sqq.
  3. Cicer. de Leg. ii. 22.
  4. Vedi tav. xlvi. ci. 1-5., cxviii. 3.