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32 serata ii

già stavano per rapire agl’Inglesi il vanto della prima salita lassù; ma, visto il vessillo inglese, volsero indispettiti le spalle e tornarono dond’eran partiti1.

» I vincitori si prepararono alla discesa, che su’ pendii molto ripidi è assai più difficile e pericolosa dell’ascesa. Immaginatevi una parete, anzichè una china, incrostata di ghiaccio, donde sporgono delle schegge su cui s’appoggia a mala pena la punta del piede. I sette viaggiatori discendevano precisamente quella parte suprema del pendio che si vede nel disegno alla distanza di un centimetro dalla vetta (in realtà è di 200 metri), a destra dello spigolo acuto che vedete delineato dalla cima fino al piede della piramide.


» Si erano legati l’uno all’altro per mezzo di una lunga corda, con cui sostenersi a vicenda, se mai un di loro sdrucciolasse. Il signor Rambert critica severamente, e dimostra a rigore di ragionamento scientifico la funesta fallacia di questo metodo applicato alla discesa dei forti pendii. L’urto del primo, che per avventura perda l’equilibrio, invece di comunicarsi a tutti gli altri insieme, dividendosi un po’ per uno fra tutti, si comunica tutto intiero al secondo; e questo, se non lo regge, lo comunica al terzo, raddoppiandolo coll’impeto della sua propria caduta. Così, via via, tutti quanti vanno a perdersi miseramente. La prova di fatto di questo ragionamento dell’illustre letterato fu pur troppo anticipata dalla catastrofe dei nostri sette viaggiatori.

» Precedeva legato ad un’estremità della corda l’intrepido Michele Croz; veniva secondo il signor Hadow, che era il più bisognoso di soccorso, perchè meno atto degli altri a quella tremenda ginnastica; terzo il signor Hudson, che per la sicurezza del piede ben valeva una guida, e sul quale si faceva assegnamento per soccorrere l’Hadow; quarto della funata era lord Douglas; quinto il Taugwalder padre; sesto il Whymper; chiudeva la marcia il figlio Taugwalder. Questi ultimi due, che prima camminavano soli, avevano allora allora annodata la loro corda a quella degli altri cinque.

» Al momento in cui siamo, la brigata si poteva dir ferma, appiccicata ai formidabili scogli. Michele Croz, lasciata per un momento l’accetta con cui le guide alpine sogliono ricavare degli

  1. L’ingegnere Giordano, costretto dal cattivo tempo a desistere per quell’anno dalla salita, la ritentò nel 1863, e fu il primo che desse la scalata al Cervino per il declivio italiano.