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vivo, in atto di sciogliersi dal tronco allacciato colle formidabili spire, odorando la preda. Eccovi, sola in un canto, la gigantesca tartaruga del Mediterraneo, coperta, quasi di bubboni d’avorio, dalle coronule1 suoi parasiti; e da un altro lato, ordinate in più file, le minori sorelle mirabilmente intarsiate. Vedreste, insofferente dei limiti dell’angusta vetrina, il Vestras gigante del Rio delle Amazzoni, il re delle trote e dei salmoni, a cui serve di reggia il re dei fiumi; e fargli riscontro dall’altro lato l’assassino dei mari, il terribile pesce-cane, la cui vita è tutta un viluppo di delitti di sangue. Tante cose vedreste, prima che il vostro sguardo si risolva di posarsi un istante su quel disco ovale, che gli uomini onorano col nome del nostro satellite. Perchè mai i miei nipotini furono tanto colpiti dagli splendori di quel disco d’argento? Forse perchè il pesce-luna s’incontra per l’ultimo in quella sala delle meraviglie, la quale si presenta come un gran quadro alla fine di un gran ballo fantastico a chi compie il giro del nostro Museo. È vero che la sala dei serpenti è la penultima; ma quella che vien dopo, destinata alle conchiglie, non è tale che possa colpire vivamente i dilettanti. Poi il pesce-luna, rappresentato da uno dei più begli esemplari che si possano vedere, torreggia là in quell’angolo, quasi galleggiante nell’aria, come un giorno galleggiava nell’acqua, inondato dalla vivissima luce del cielo, che gli piove dalla larga finestra, aperta precisamente di fianco a quell’astro del mare. Ma cercar le ragioni per cui i miei nipoti fossero usciti dal Museo tutti invasati del pesce-luna, è una cosa tanto inutile!... Per tutte le ragioni sta il fatto che realmente ne erano invasati, e ne parlavano con tanta vivacità, e tutti in coro, che per poco non ne fui invasato anch’io.

«Abbiam veduto il pesce-luna», gridava Carlino a piena gola.

«Ma non è un pesce», soggiungeva Riccardo nello stesso tono. «Un pesce senza coda, senza squamme, col becco d’uccello....».

«Tu ci hai visto assai», entrai io a dire. «Tu minacci di diventare un altro Cuvier, un altro Valencienne2. Che sia un pesce è certo. La coda, benchè l’abbia così corta, che sembra un pesce a cui siasi amputata la metà posteriore, la coda, dico, l’ha

  1. Le coronule appartengono alla classe dei crostacei ossia dei granchi. Sono però sprovveduti di organi di locomozione, e aderiscono come le ostriche agli scogli, ed anche agli animali, su cui restano fissi.
  2. Achille Valencienne, nato a Parigi nel 1791, morto nel 1865, diede alla scienza una Storia naturale dei pesci (11 vol. in-8), un’altra dei molluschi, degli anellidi e dei zoofiti.