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quegli uragani, che schiantano gli alberi, spazzano il ponte con un’ondata, sfiancano la nave, e se la pigliano in bocca, quasi direi, come una tigre la sua preda. Vi assicuro però, che quel senso di abbandono dell’uomo solo in lotta coi più terribili elementi, quell’impiccolimento davanti alla natura, quel sentirsi pulcino fra gli artigli dell’aquila, topolino nelle ugne del leone.... oh vi assicuro che quella sensazione la provai, profonda, incancellabile. E all’uomo, annientato a fronte di quegli elementi, così ciechi, eppure così terribili, che a ore a ore cadono inerti o sorgono con impeto irresistibile, come si rivela quella potenza misteriosa, che sovrasta alla natura, che impera ai mari e gli obbediscono1, che mite e severa, buona e giusta, rimuneratrice e vindice, talora sparge nel tranquillo sereno del cielo gli splendori del sole, e il sorriso delle stelle, talora scatena le tempeste.

«Use sull’empia terra,
     Come cavalli in guerra
     Correr davanti a Te».


Oh come in quegli istanti di lotta si svolge, quasi dallo stesso nulla che vi atterra, il sentimento di quanto più sublima l’uomo! L’uomo, il quale è solo capace di sollevarsi al di sopra della natura, di contemplarla, benchè tutta in rivolta, con occhio di sovrano, rendendo a Dio soltanto il ragionevole ossequio della sua fede e del suo amore.

7. » Scorse alcune ore di patimenti e di angoscie, parve spandersi una certa quiete. L’occhio mi si velò. Non potrei dire nè quando pigliai sonno, nè quando mi svegliai; poichè in quello stato di sconvolgimento fisico, e di eccitamento morale, la veglia e il sonno si assomigliano fra loro assai. Tuttavia dovetti aver dormito un bel pochino, poichè ci fu un istante in cui mi accorsi che l’alba entrava inaspettata pel finestrino della mia cabina, e ci entrava con tutti i colori di un alba bella e sorridente, affatto ignara della tempesta che aveva resa più corrucciosa la notte. La luce del di nascente andava scemando gli orrori della tempesta, che non sembrava si pronta a cedere il luogo alla calma. Voltomi a giacere sul fianco, stetti osservando attraverso il finestrino, che mi vedevo di fronte. La mia cabina era sul lato

  1. Evangelio di s. Matteo, VIII, 27.