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il mal di mare 179


«Non la sapete questa storiella?... Un giorno, in un crocchio di campagnoli, insorse una gran disputa; che cosa fosse il fulmine. — È un aria, un vento, — diceva uno. — È una palla di fuoco, — diceva un altro. — È un sasso infiammato, — gridava un terzo; compare Mattia lo raccolse una volta, e aveva la forma di un cavicchio acuto1. — Tonio, presente alla discussione, lui che aveva da lungo tempo fatto amicizia col fulmine, essendocisi trovato una volta a tu per tu, quando cadde veramente sulla sua povera stamberga, così che era rimasto accecato dallo splendore, assordato dallo scoppio, scosso fin nell’ultima fibrilla, Tonio, dico, credette d’avere, più che tutti gli altri insieme, diritto di parlare. — Il fulmine!!! — gridò egli cogli occhi stralunati, col viso acceso, puntando l’indice in alto, come chi annuncia una grande scoperta. — Il fulmine ve lo dirò io che cosa è il fulmine. Il fulmine è una tal cosa, che.... corpo di mille bombe!... una cosa simile.... per tutti i diavoli dell’inferno!... una cosa simile.... una birbonata, vedete? che.... quando uno l’ha veduta.... per.... uno non se ne dimentica più in eterno!... —

In coro: — Ah! ih! oh!... —

«Che bella definizione!» saltò a dire Giovannino, il quale sapeva un pochino come il fulmine non sia che l’effetto di uno squilibrio della elettricità, la scarica di una bottiglia di Leida, una scintilla elettrica che passa dalle nubi alla terra. «Che bella definizione!...».

«Eppure quanti vi hanno fenomeni sorprendenti, che vediamo ogni giorno, e di cui non sapremmo dare una definizione migliore Quanti fenomeni, cui gli scienziati, codesti uomini che sanno tutto, che guardano in isbieco anche il Signore del cielo e della terra, il quale, a sentirli, ha fatto il mondo perchè loro gli han prestate le seste; quanti fenomeni, ripeto, codesti scienziati, quando fossero sinceri, dovrebbero definire, lì per lì, come Tonio ha definito il fulmine! Per esempio, io credo che il mal di mare sia una di quelle malattie, che i più bravi medici definirebbero come il fulmine.... una cosa tale, che.... corpo di mille bombe.... quando uno l’ha avuta, non se ne dimentica più. Do-

  1. Si allude alle belemniti, genere di fossili, abbondantissimi in certi terreni. Le belemniti erano molluschi, molto simili ai polpi e alle sepie volgarmente seppie, armati posteriormente di un rostro, ossia di una punta testacea, in forma di zipolo. Ordinariamente di que’ molluschi, ora interamente spenti, non si trovano conservati che i rostri, i quali dagli antichi erano ritenuti fulmini caduti e infissi nel suolo, come indica il nome di belemniti, da belemnon, parola che in greco significa dardo, saetta, e quindi anche fulmine.