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il tatuaggio in italia 163

merletti, e di pettinature. Le linee, i ghirigori si fanno più numerosi e più fitti, in ragione della nobiltà e della potenza di ciascun individuo. Anche in quei paesi la povera gente non ha tempo di fare una lunga toeletta, e quindi i poveri, gli schiavi, hanno il diritto di conservare intatta la figura umana. Il viso di un capo di tribù è invece una vera filograna, tanta è la finezza, l’abbondanza e la bizzarria del tatuaggio che dai Nuovo Zelandesi si chiama moko. Il moko mantiene la stessa forma nei discendenti di una stessa famiglia; è il loro stemma, la loro arma gentilizia, che si trasmette di padre in figlio: e guai a chi osasse usurparlo! Sarebbe come da noi falsificare una firma, carpire un suggello, coprirsi di una decorazione, a cui non si abbia di ritto, ecc.

» Una volta che quelle isole fossero conquistate all’incivilimento, gli ariki, i ranga-tira-rahi, i ranga-tira-noui, divenuti duchi, conti, e marchesi, trasporterebbero il loro moko, dalle rispettive facce ai rispettivi cocchi, ed alle rispettive livree, ed il mondo avrebbe dato un gran passo avanti».

In mezzo alle risa di tutta l’assemblea, i bambini si sforzavano di ripetere, ciascuno a suo modo, quei nomi strani, che nelle loro bocche divenivano sempre più strani.... «Dilli su ancora, dilli su ancora quei nomi!».

«Sì.... ariki.... ranga-tira-rahi.... ranga-tira-noui.... Non li ho inventati io, vedete, questi nomi. Sono i nomi dei diversi alti dignitari delle tribù della Nuova Zelanda. Leggete il Voyage pittoresque autour du monde, pubblicato sotto la direzione di M. Dumont d’Urville, da cui ho preso tutto quel poco che v’ho raccontato intorno al tatuaggio. Quando leggevo quel libro, credevo che fosse necessario veramente, per assistere all’operazione del tatuaggio, di sfidare l’oceano; nè mi garbava punto di trovarmi, per sì poco, con quei cannibali: ed ecco che il tatuaggio venne lui a trovar me, quì in Italia».

7.«Come?» interruppe la Camilla quasi offesa. «Non ho mai sentito dire che da noi si usasse una sì brutta cosa, nemmeno nei tempi più antichi».

«Come?» risposi. «Non hai tu stessa le orecchie traforate dagli orecchini? Se codesto non è tatuaggio, è certamente un avanzo di altre simili barbare costumanze, che si conservano in fiore del pari presso i selvaggi. Del resto, non tel dissi or ora, che dovetti assistere io, proprio io in persona, ad una scena di pubblico tatuaggio? Sapete che cosa erano quei quadrelli di