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pieni di terra. Non c’è altra uscita all’infuori di quella dalla quale sono venuto. Delle nicchie si aprono nel muro; discerno nelle prime degli avanzi di bare. Nella terza... steso sopra uno dei cofani pieni di terra... il Conte!

Sembra morto ma i suoi occhi fissi e spalancati non hanno lo sguardo vitreo dei morti; le sue guancie sono pallide e le labbra rosse. Mi curvo verso di lui; non respira più e il suo cuore non batte.

Mi accingevo a esplorare le sue tasche per trovarvi le chiavi del castello; ma benchè fosse incosciente della mia presenza, lessi ne’ suoi occhi una tale sguardo di odio che fuggii spaventato e raggiunsi la stanza dalla strada che m’aveva condotto.

Mi gettai rabbrividendo sul letto.

29 giugno.

Oggi la mia ultima lettera partirà. Ho veduto il Conte uscir dal castello, dalla finestra, sempre indossando i miei vestiti. Non penso più che a procurarmi un’arma da fuoco per sparargli addosso. Ma temo assai che le palle siano senza effetto sopra questo demone.

Non volli spiare il suo ritorno dalla scala per tema d’incontrare le tre sorelle. Mi insediai nella biblioteca con un libro e non tardai ad addormentarmi. Fu il Conte a svegliarmi. Mi contemplava con inesprimibile amarezza.

— Amico mio — mi disse, — domani ci lasceremo. Ritornerete nella vostra bella Inghilterra. Ho fatto partire la vostra lettera. Domani sarò assente, ma tutto sarò pronto per la vostra par-