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dracula 39


Finalmente respiro! La lampada rischiara dolcemente la stanza e mi sento al sicuro.

Qualche ora trascorse, poi odo un rumore venir dalla stanza del Conte e un gemito che mi stringe il cuore. Il silenzio ritorna. Tento d’aprir la porta: è chiusa. Allora mi son seduto e ho pianto come un bambino.

Un grido nella corte. Mi precipito alla finestra: una donna come impazzita scuote il cancello, urlando:

— Mostro! rendimi il mio bambino!

Mi scorge, si butta a ginocchi, alza le braccia come per implorarmi e ripete quella supplica che mi strazia. Si strappa i capelli, si lacera il petto e cerca invano di smuovere la porta.

Dominando quelle grida, odo un fischio prolungato al quale risponde l’abbaiar dei lupi.

Dopo alcuni minuti, ne distinguo le forme magre. S’avvicinano alla donna che non tenta neppure di fuggire.

Indovino la sorte del suo fanciullo e non la compiango: meglio per lei morire!

25 giugno, mattina.

Coloro che non hanno conosciuto le angoscie di una notte tragica ignorano la dolcezza dell’alba.

Il sorger del sole scaccia i miei timori. Voglio agire per non pensare. La prima lettera venne spedita ieri.

Non ho ancora veduto il Conte durante il giorno. Dorme quando gli altri si alzano? Se almeno potessi sorprenderlo nella sua stanza! Ma il mezzo? La sua porta è sempre chiusa?