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La conoscenza adequata è la conoscenza delle cose in Dio. Per mezzo di essa l’uomo sente la sua unità con tutte le cose: allora nulla di ciò che avviene può essergli ostile o straniero: egli vede tutte le cose nella loro necessità divina, che è quella in cui egli stesso è e vive, e perciò non solo consente a ciò che questa necessità vuole, ma vuole egli stesso, perchè lo comprende, ciò che essa vuole. Tutto egli allora può spiegare partendo dal suo io in quanto è unito con Dio: egli è causa adequata di tutto ciò che avviene in lui od a lui e perciò non soffre, ma agisce. Invece nella conoscenza inade­quata l’uomo è (o si crede) circondato da forze straniere che possono favorirlo od osteggiarlo: egli non è causa di ciò che avviene in lui od a lui, è passivo, patisce.

Le affezioni dell’essere nostro, in quanto si tradu­cono sotto l’aspetto teoretico in conoscenze inadequate, si traducono sotto l’aspetto pratico nelle passioni. — Esse possono avere per effetto di promovere il nostro progresso verso la perfezione (cioè verso il conoscere adequato) o di arrestarlo: sopra questa distinzione si fonda la loro differenza di valore. Tutte le passioni costituiscono quindi un’imperfezione: ma non tutte sono assolutamente cattive. — Anche alle conoscenze adequate si accompagnano, come aspetto attivo, dei sentimenti di gioia, di serenità, ecc., che non sono più propriamente passioni, ma espressioni d’uno stato di pura attività; Spinoza li chiama tuttavia ancora, qualche volta, affectus.


2) Postulati (o assiomi). In questi due postulati Spi­noza constata semplicemente due fatti. In primo luogo che il corpo nostro (e così l’essere nostro, perchè alle affezioni corporee si accompagnano le idee corrispondenti) può essere affetto da azioni favorevoli, ostili o indifferenti. In secondo luogo che di queste affezioni possono restare (ed agire) in noi le tracce, le immagini.