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remo da quanto segue. E cioè: I) In quanto c’insegna ad agire secondo la sola volontà di Dio e ad essere partecipi della natura divina, il che tanto più si avvera quanto più perfette sono le nostre azioni e quanto più comprendiamo Dio. Onde questa dot­trina oltre che rende l’animo assolutamente tranquillo, ha anche questo che ci insegna in che consista la nostra suprema felicità o beatitudine, e cioè nella sola conoscenza di Dio, dalla quale siamo indotti ad operare solo ciò che la carità e la coscienza consigliano. Di qui chiaramente vediamo quanto s’al­lontanino dal vero apprezzamento della virtù coloro che aspet­tano d’essere rimunerati da Dio con grandi premi per la virtù e le buone azioni, come per un penoso sacrifizio, come se nella virtù e nel servire a Dio già non consistessero la felicità e la più alta libertà; II) In quanto insegna come dobbiamo compor­tarci di fronte alle cose della fortuna o alle cose che non sono in nostro potere, cioè di fronte alle cose che non hanno la nostra natura per causa; e cioè aspettare e sostenere con animo eguale l’una e l’altra faccia della fortuna, poiché tutte le cose seguono dall’eterno beneplacito di Dio con la stessa necessità con cui dall’essenza del triangolo segue che la somma dei suoi angoli è uguale a due retti; III) Questa dottrina giova anche alla vita sociale in quanto insegna a non odiare, a non disprez­zare, a non deridere, a non irritarsi, a non essere invidiosi. Di più in quanto insegna a ciascuno a contentarsi del suo e ad aiutare il prossimo non per femminea tenerezza, nè per favore, nè per superstizione, ma per i dettami della ragione, così come il tempo e le circostanze consigliano; IV) Infine giova questa dottrina anche alla società civile in quanto insegna come deb­bono essere governati e diretti i cittadini perchè non servano, ma pratichino liberamente il bene. (Et., II, 49, scol.).