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Il possibile e il contingente non fanno quindi parte della realtà: essi sono dovuti solo ad un’imperfezione del conoscere umano: nella realtà delle cose non v’è contingenza.


Prop. 29. Nella natura delle cose non vi è alcun contingente, ma tutto è determinato dalla necessità della natura divina ad esistere e ad operare in un certo modo.

Avendo così chiarissimamente mostrato che non vi è in senso assoluto nelle cose nulla per cui possano dirsi contingenti, voglio in poche parole spiegare che cosa dobbiamo intendere per contingente; e prima che cosa siano il necessario e l’impossibile. Una cosa è detta necessaria o sotto il rispetto dell’essenza o sotto il rispetto della causa. Perchè l’esistenza d’una cosa può procedere necessariamente o dalla sua essenza e definizione o da una data causa efficiente. Inoltre sotto gli stessi rispetti una cosa può esser detta impossibile: e cioè o perchè la sua essenza o definizione involge una contraddizione o perchè non vi è alcuna causa esterna determinata a produrre tale cosa. Ma una cosa non può esser detta contingente per nessun’altra ragione che in riguardo alla deficienza del nostro conoscere. Una cosa, di cui non sappiamo se l’essenza sua involga una contraddi­zione o, se anche ben sappiamo che l’essenza sua non involge contraddizione, — della cui esistenza non possiamo affermare nulla di certo, perchè non ci è nota la concatenazione delle cause — tale cosa non potrà apparirci nè come necessaria, nè come impossibile; perciò la diciamo contingente o possibile. (Et., I, 33, scol. 1).

Quindi Spinoza estende in modo particolare questa considerazione all’intelletto, che non può, diremo così, spaziare fuori del reale, non può che riflettere gli at­tributi di Dio e le loro modificazioni, senza poter creare ed introdurre nulla di nuovo e di proprio. L’errore e la finzione non sono che un parziale oscuramento: essi non colgono altro reale che quello che procede neces­sariamente da Dio. «L’errore non è nulla di positivo» (Princ. filos. cartes., I, 15). «La chimera, la finzione e