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Per Natura naturante dobbiamo intendere ciò che è in sè ed è per sè concepito, cioè quegli attributi della sostanza che esprimono un’essenza eterna ed infinita o (ciò che è lo stesso) Dio considerato come causa libera. Per Natura naturata intendo tutto ciò che segue dalla necessità della natura divina ossia dagli attributi di Dio, cioè tutti i modi degli attributi divini, in quanto sono considerati come cose che sono in Dio e che senza Dio non possono nè essere, nè essere concepite. (Et., I, 29, scol.).

2) Ma se il mondo che procede dall’infinita ed eterna essenza di Dio è un mondo di essenze infinite ed eterne, donde il mondo delle cose finite? Quando io considero (con l’intelletto) una cosa particolare nella unità infi­nita di Dio, io non posso considerarla come isolata e determinata: anch’essa è un’essenza infinita ed eterna ed anche per essa (in quanto involge l’eterna e infinita essenza di Dio) l’esistenza si confonde con l’essenza. Ma se io considero una cosa particolare come recisa, per così dire, dal seno dell’unità infinita, io la trasformo in un essere finito e limitato: essa non ha più in sè e nella sua unità con Dio le ragioni del suo esistere: la sua essenza non involge più l’esistenza (prop. 24). Bisogna dunque distinguere tra i modi in quanto vengono considerati come esistenti in Dio e i modi in quanto vengono considerati come collegati soltanto con altri modi, cioè con altre cose particolari (ciò che opera in noi il senso, l’imaginatio): in questo secondo caso è naturale che il modo apparisca a noi (data la limita­zione della nostra imaginatio) ora come presente, per virtù delle sue cause particolari, nell’orizzonte del nostro conoscere; ora come non presente, cioè ora come esistente, ora come non esistente. Non vi sono dunque in realtà modi finiti: vi sono due modi nostri di ap­prendere la realtà divina, con l’intelletto e con l’imaginatio. Il primo è costituito da conoscenze adequate ed apprende il mondo delle essenze eterne ed infinite così come veramente è in Dio; il secondo dà origine al mondo (apparente) dei modi finiti, dovuto all’imperfe­-