Pagina:Spinoza - L'Etica - Paravia, 1928.pdf/30


— 14 —

strazione che ad ogni aspetto della realtà deve corrispondere un unico fondamento, una sola sostanza.

3) Nelle prop. 8-11 Spinoza mostra che gli attributi non possono costituire più sostanze separate, perchè appartiene alla natura della sostanza non solo l’infi­nità quantitativa (in suo genere), ma anche l’infinità qualitativa, assoluta. La realtà si riduce per noi ai due aspetti dell’estensione e del pensiero: perchè non fac­ciamo di questi due attributi due sostanze per sè esi­stenti, due mondi assolutamente separati e ciascuno, nel suo genere, perfetto? Perchè, sebbene Spinoza con­sideri l’estensione assoluta ed il pensiero assoluto come perfetti ciascuno nel suo genere e perciò identificabili, sotto il rispettivo punto di vista, con la sostanza, il fatto che essi ci presentano aspetti diversi ed irreducibili del­l’essere ci mostra che essi sono, per quanto nel loro genere non determinati e perfetti, semplici aspetti d’un essere assolutamente perfetto, che solo esaurisce sotto ogni aspetto le infinite possibilità dell’essere e che perciò solo è veramente sostanza esistente per sè neces­sariamente. Vi è dunque una sostanza sola, rivelantesi sotto infiniti aspetti in infiniti attributi: essa è ciò che noi diciamo Dio.

Dopo d’aver meditato sulla natura, noi non abbiamo potuto trovare in essa finora che due attributi appartenenti a questo essere supremamente perfetto. E questi attributi non sono suf­ficienti a soddisfarci: ben lungi dal giudicarli i soli, nei quali deve consistere questo essere perfetto, al contrario noi troviamo in noi qualche cosa che ci rivela chiaramente l’esistenza non solo d’un più gran numero, ma ancora d’un’infinità di attributi perfetti, che debbono appartenere a questo essere perfetto, perchè possa essere chiamato perfetto. E donde viene quest’idea di perfezione? Questo qualche cosa non può venire da quei due attributi, perchè due non fanno che due e non un’infinità; donde dunque ci viene? Non da me certo, perchè bisognerebbe allora che io potessi dare ciò che non ho. Donde allora, se non dagli