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se lo penso senza limiti: perchè il durare è un mutare, è un’esistenza che io sento scorrere, perchè vi è in essa qualche cosa che finisce o che può finire: in ogni istante vi è qualche cosa che non è più e qualche cosa che non è ancora. Una durata invece che sia immutabile, sempre uguale a se stessa in tutte le sue parti, avente il suo fondamento in sè, non è più una durata (temporale): è un essere immobile che si confonde con la natura im­mobile della cosa stessa, è l’eternità: «œternitas nil est prœter divinam essentiam» (Cog. met., II, 1).


II. — Gli assiomi.


Ass. 1. Tutto ciò che è o è in sè o è in altro.

Tutto ciò che è o è la sostanza o è un modo, una determinazione della sostanza. È l’eliminazione recisa dell’ambiguo concetto di sostanza creata.

Ass. 2. Ciò che non può concepirsi per mezzo di altro, deve essere concepito per sè stesso.

Ripete qui per il concipi ciò che nell’ass. 1 dice per l’esse. Poiché la realtà è anche un complesso di pen­sieri procedenti da un pensiero infinito, ogni pensiero singolo, cioè ogni realtà spirituale, deve avere la sua ragione (la sua concepibilità) in un altro pensiero: ma il loro fondamento ultimo, il pensiero infinito, deve avere la sua ragione in sè, per se concipi.

Ass. 3. Da una causa determinata data segue necessaria­mente l’effetto e per contro se nessuna causa determinata è data, è impossibile ne segua l’effetto.

Qui Spinoza esplica la concezione causale univer­sale implicata nell’ass. 1. Ogni cosa finita in alio est: questo aliud è la sua causa e da essa segue necessaria­mente che ne dipende, come senza di essa non può seguire. La stessa sostanza, che è il fondamento e