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un’estensione infinita, un pensiero infinito. L’uno non si riduce all’altro: entrambi sono l’infinito. Tuttavia noi non possiamo ammettere due infiniti: essi debbono costituire due aspetti dell’essere infinito. Poiché la mente nostra li concepisce chiaramente e distintamente, come le due unità supreme dell’essere, noi dobbiamo veramente vedere espressa in esse la natura dell’essere supremo: solo noi non vediamo come essi siano due ed uno: noi sappiamo di doverli pensare come unità, ma quest’unità suprema rimane inaccessibile alla nostra intuizione.

Def. 5. Per modo intendo le affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro e si concepisce anche per mezzo di altro.

Senza entrare per ora in tutti i complicati problemi dei rapporti della sostanza con gli esseri particolari, Spinoza determina qui questo rapporto solo in quanto definisce gli esseri particolari e finiti come modi, ossia affezioni, determinazioni (e perciò limitazioni, nega­zioni parziali) degli attributi, cioè della sostanza. Così un corpo è un modo, una determinazione, una limita­zione della sostanza in quanto estesa. I modi non costi­tuiscono la sostanza come i fattori una totalità: essi sono semplici determinazioni, negazioni: la sostanza, nella sua unità e totalità, è prima dei suoi modi. E in quanto la sostanza è anche il pensiero che contiene in sè tutti i pensieri finiti, la ragione universale e su­prema, essa non contiene solo in sè materialmente tutti i modi, ma li contiene anche idealmente, sotto di sè, come determinazioni logiche, le quali procedono neces­sariamente da un concetto universale. Perciò siccome ogni modo è sempre (come meglio vedremo) per un aspetto estensione, per un altro aspetto pensiero, è legittimo dire che il modo è ciò che è sempre contenuto in altro e concepito per mezzo di altro: mediatamente o immediatamente esso è nella sostanza e può essere pensato solo per mezzo della sostanza. — In questa definizione di Spinoza è stata criticata l’espressione «in alio esse», come tolta da rapporti spaziali e perciò