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ragione persuadesse ciò, dovrebbe persuaderlo a tutti gli uomini e cioè dovrebbe in generale persuadere gli uomini per sola perfidia a stringere amicizia, a unir le loro forze e ad avere diritti comuni e così in fondo a non avere diritti comuni, ciò che è assurdo. (Et., IV, 72 scol.).

Spinoza riassume tutti questi caratteri dell’uomo saggio e libero nella fortitudo che è la virtù stessa, in quanto è azione, non passione, e comprende in sè l’animositas (la forza) e la generositas (la socievolezza e la carità) (prop. 73, scol.; si cfr. libro terzo, IV, 5).


VII. — Le regole della saggezza.


Alla fine del libro quarto Spinoza traccia come in un quadro le linee ideali della condotta del saggio. Nei n. 1-3 distingue i desideri (cupiditates), fra cui comprende anche la gioia e la tristezza, in passioni ed azioni: le prime sono quelle che procedono dalla conoscenza inadequata, dall’ignoranza e ci rivelano l’impotenza nostra; le altre dalla conoscenza adequata e sono segno di virtù e di potenza. Le prime sono o relativamente buone (se conducono verso la conoscenza adequata e l’attività razionale) o cattive: le seconde sono sempre buone.

1) Tutti i nostri sforzi o desideri procedono dalla necessità della nostra natura in modo che o sono compresi per mezzo di essa sola, come causa prossima, o in quanto siamo una parte della natura, che non può venir pensala adequatamente per sè, astrazion fatta dagli altri individui.

2) I desideri, che procedono dalla nostra natura in modo che possono per mezzo di essa venir compresi, sono quelli che la mente ha in quanto consta di idee adequate: gli altri non sono riferiti alla mente, se non in quanto ha idee inadequate. La potenza e l’incremento di questi ultimi si misura non dalla potenza umana, ma da quella delle cose esterne: perciò giusta mente i primi sono detti azioni, gli ultimi passioni: infatti