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travolto nel conflitto perenne delle cose: nulla lo assicura contro i turbamenti che nell’essere suo può introdurre la realtà che lo circonda e lo sorpassa indefinitamente. Ora la passione non è altro che un’energia straniera, la quale sopraffà il nostro essere: dalla soggezione alle energie straniere nasce la schiavitù delle passioni. L’uomo non nasce libero.

Prop. 7. La passione non può essere nè combattuta, nè tolta se non per una passione contraria e più forte della passione da combattere.

Prop. 8. La conoscenza del bene e del male non è che la passione della gioia e della tristezza in quanto ne siamo consci.

La schiavitù delle passioni non può essere tolta nè dall’arbitrio di una volontà onnipotente, nè dalla semplice conoscenza, in quanto conoscenza; «la semplice conoscenza del bene e del male, in quanto vera, non può comprimere alcuna passione, ma solo in quanto anch’essa è considerata come passione» (Et., IV, 14). Ogni passione non è solo una cecità od una pura passività; pur essendo, di fronte alla nostra essenza perfetta, uno stato di diminuzione, per cui essa appare come passiva di fronte alla realtà, essa è in sè un’affermazione dell’essere nostro, che può essere tolta solo da un’altra affermazione contraria e più forte. Quindi il processo della schiavitù e della liberazione è un processo causale di realtà spirituali attive, che noi dobbiamo analizzare nella sua genesi necessaria, come abbiamo fatto per le passioni. Spinoza mette in evidenza questa verità richiamandosi al lato fisico della passione in quanto è un’affezione corporea, che può essere tolta solo da affezioni più forti. Anche la conoscenza liberatrice non può essere, sotto questo aspetto, che un movimento affettivo, ossia (in senso improprio) una passione.

3) Nelle prop. 9-17 Spinoza ci spiega il perchè della schiavitù. Perchè, egli si chiede, la conoscenza del bene supremo, che dovrebbe essere il movente più forte di qualunque altro, non riesce il più delle volte a liberare