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grande, quanto più grande era stato l’odio (prop. 38, 43, 44)1.

2) La gioia e la tristezza per simpatia. Nelle proposizioni 27-35 Spinoza considera le passioni che nascono dalla riflessione simpatica delle passioni altrui. Per ciò solo che noi ci rappresentiamo un essere a noi simile come affetto da gioia o dolore, anche noi siamo inclinati a provare lo stesso sentimento: la somiglianza dell’oggetto favorisce il trapasso della disposizione sentimentale nel nostro io. E quindi ancora amiamo chi causa della gioia ad un oggetto a noi simile (perchè essa si riverbera poi in noi): odiamo chi gli è causa di tristezza (prop. 27).

Prop. 27. Da ciò che ci rappresentiamo una cosa simile a noi e che non desta in noi alcuna passione, come affetta da una passione: per ciò solo anche noi siamo affetti da una passione simile.

Ma se la tristezza d’un essere a noi simile trapassa anche in noi, non dovremmo perciò odiarlo come causa del dolore nostro? No, dice Spinoza; perchè allora dovremmo procurargli sempre maggior tristezza: ciò che sarebbe causa di tristezza anche a noi. Noi cerchiamo di eliminare questa tristezza in noi con l’eliminarla negli altri: questa misericordia nascente dalla simpatia è detta da Spinoza commiseratio (prop. 27, coroll. 2 e 3; def. 18). Quando l’odio soffoca la pietà che noi dovremmo avere per simpatia verso i nostri simili, abbiamo la crudelitas: la quale può quindi aversi solo, secondo Spinoza, vincendo una secreta simpatia ed è per questo tanto più malvagia (prop. 41, scol. 2; definizione 38). Dalla tristezza per simpatia nasce il fatto che la gioia proveniente dal dolore dell’oggetto odiato non è mai senza tristezza (prop. 47).



  1. Così anche nel Dhammapadam, I, 3 (trad. Neumann, Leipzig, 1897): «Non è col furore dell’odio che il furore dell’odio si ammansa: soltanto l’assenza dell’odio ammansa il furore dell’odio. Questa è una leggo eterna».