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UNA BALLERINA.


L

a nebbia empiva le strade e il breve crepuscolo invernale cadeva nella notte. I lampioni quasi appena accesi divenivano foschi per la densità dei vapori. Poca gente, rarissime carrozze; nei quartieri lontani dal centro un silenzio sinistro.

Nelle case invece, una grande vivacità, poichè era l’ora del desinare e giorno di festa. Uno di quei momenti in cui la sensualità soddisfatta assorge quasi a serenità ideale; momenti che spingono gli uomini alle disposizioni benefiche col fumo appetitoso delle vivande, e il profumo eccitante dei vini.

Matilde Sozzi aveva forse calcolato sulla particolare disposizione alla benevolenza che una buona minestra può sviluppare in un cuore umano, scegliendo appunto quell’ora per la sua questua; o piuttosto ella seguiva semplicemente lo stimolo della fame, che diveniva più acuto in lei verso l’ora comune del desinare.

A occhi bassi, senza guardarsi intorno, scivolando quasi lungo la fila delle case, ella procedeva in mezzo alla nebbia. Veniva dal fondo di un sobborgo e si dirigeva al centro della città. Non aveva mangiato dal giorno innanzi, ma in