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stosa e squillante; e una suonatrice.... oh! una vera artista e una vera signora per di più.... poverina!

L’istrumento era di un socio negoziante di pianoforti, il quale lo dava a nolo — quasi per niente — contando sulla réclame del direttore giornalista.

La suonatrice — chi sa come l’avevano trovata — era capace di stare al piano dalle nove di sera alle cinque del mattino per sole quattro lire!... È vero che i Cirenei non le mancavano per quella croce. Ad ogni tratto un dilettante più o meno abile si offriva a sostituirla, perchè ella potesse riposarsi da quella fatica, e ballare un poco, e divertirsi anche lei, che diamine!

Un pittore giovanissimo dagli occhi fiammeggianti, dalla fisonomia espressiva, avrebbe voluto che la bella Noemi ballasse sempre e lasciasse suonare gli altri.

Ma lei, ligia all’impegno preso, appena fatti alcuni giri, si sottraeva gentilmente alle amabili insistenze dei danzatori e ritornava al suo posto.

Chi era?... Che cosa faceva?... E come mai aveva bisogno di un sì meschino guadagno, con quell’aria così distinta?...

Queste domande circolavano le prime sere. Ma ben presto tutti furono informati: la signora Noemi era la moglie infelice di un vecchio, già impiegato alle strade ferrate, ora infermo da parecchi anni, e ridotto a vivere con una misera pensione, appena di che sfamarsi, se la signora non avesse lavorato accanitamente.

E tutti l’ammiravano, povera donnina sacrificata; e molti avrebbero voluto consolarla. Ma lei sapeva frenare gli audaci, senza pedanterie, col suo calmo sorriso, coi suoi motti arguti.