Pagina:Speraz - Nella nebbia.pdf/77


— 75 —

laccio spennacchiato — che aveva drizzata un istante, e ricominciò e salire lenta e curva, con evidente fatica.

Come sempre, i due gatti camminavano alle sue calcagna, misurando il passo su quello di lei, fermandosi quand’essa si fermava per pigliar fiato.

Le guardie la interrogarono.

Era stata a lavorare in casa tale, via tale, e perchè pioveva e perchè lei non si sentiva bene, l’avevano trattenuta a dormire.

Le guardie se ne andarono.

Rimasta sola la Cristina si levò il velo e lo scialle, aprì un cartoccio che aveva portato seco, ne trasse un pezzo d’interiora che tagliò in minuzzoli, mentre i due gatti le facevano festa intorno. Poi sedette sul letto con un’aria di sfinimento e stette a guardare le sue bestie che mangiavano ingordamente.

Di tratto in tratto, un lungo tremito la faceva riscuotere e nei suoi occhi morti brillava una lagrima che inavvertita scendeva sulle scarne guancie.

*

*  *

Quest’inverno, una mattina in cui il freddo imperversava più crudelmente, le persone che andavano alla prima messa trovarono la Cristina esanime sui gradini della chiesa.

Fu portata all’Ospedale Maggiore dove spirò poco dopo.

Alcuni giorni appresso, un uomo con una faccia torva, da inveterato ubbriacone e un puzzo di zozza che appestava, si presentò alla portinaia per portar via la roba lasciata dalla defunta. — Era il marito.

Per risparmiare ogni spesa, disse che avrebbe fatto lo sgombero da sè a poco a poco.