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NELLA BUONA SOCIETÀ.
legantissimo il salotto.
La signora, sempre bella, sempre festeggiata, non temeva il confronto di una figliuola ventenne. La natura le aveva accordato il favore di conservare la grazia e la sveltezza giovanile nella lussureggiante maturità.
Era l’ora delle ultime visite, delle più care.
L’ombra del crepuscolo si allungava nel salotto.
La signora sedeva presso alla finestra, in mezzo a un circolo di amiche e di cavalieri.
Inutile dire quale fosse il tema della conversazione. Si sfioravano naturalmente tutti i soggetti; ma uno tornava sempre a galla, eterno soggetto di ogni conversazione elegante o volgare: la maldicenza.
Il crocchio intimo passava in rivista le dame e i cavalieri che erano apparsi in quel medesimo salotto la vigilia.
— Quella povera contessa non si è più riavuta dopo la terribile scossa — diceva un signore alto, secco, dal viso maligno.
— Gli è perchè sa oramai con certezza che un dolore simile non le capiterà mai più! — ribattè una biondina delicata che pareva impastata d’etere e di gelsomini.