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Cesare asciugava le sue lagrime alla manica della giacchetta, e protestava che io non era cattiva.

In verità io era molto indifferente, e ogni cambiamento, compreso il collegio, mi sorrideva. La mia affettività aveva avuto poco campo di svilupparsi; ma avevo gusto che gli altri fossero dispiacenti della mia probabile partenza.

Mi venne un’idea romanzesca.

Erano là in una scatoletta, alcuni anellini di ottone di quelli che servono per le tendine. Ne presi uno e nel medesimo tempo presi la mano di Cesare che mi guardò tutto illuminato.

— Con questo anello — gli dissi mentre lo facevo passare con un po’ di sforzo nel suo anulare, ti farai riconoscere da me quando saremo grandi e io ti vorrò bene. Ma se te lo levi, niente del tutto: vorrò più bene a Fiume!

Fatto rosso di commozione, il biondo fanciullo giurò che quell’anello non l’avrebbe lasciato mai.

Anche quel giorno come tutti i giorni, venne l’ora del rosario.

E come tutti i giorni, io cercai una scappatoia, dicendo che mi doleva la testa. Avevo poca immaginazione! Le due vecchie mi fissarono ironicamente: la marchesa mi dichiarò una volta di più «una creatura precocemente perversa» e si fece il segno della croce; mentre l’altra vecchia, che in fondo soffriva, mi trasse dolcemente per le braccia fino al posto del mio tormento.

Mi lasciai condurre senza far scene; era inutile.

Il tempo del rosario, lo dedicavo solitamente all’esame della compagnia.

Le due sorelle portavano tutte e due la parrucca. La mar-