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— ... Ma le pare? rispose il buon calabrese tutto allarmato: Io non voglio nulla. Sono un pacifico archeologo, e grazie al cielo non mi occupo di queste cose. Credo però che in queste questioni complicate sia difficile l’avere una opinione sincera e assoluta: una opinione che non si risenta dei nostri interessi e delle nostre passioni, o dei nostri pregiudizi. Molto facile invece per chi ha talento il discorrere pro e contro e fare effetto sulla folla, secondo il vento che spira.

Per fortuna erano arrivati sotto al porticato in mezzo a un gruppo di persone che si preparavano alla partenza e volevano salutare la padrona di casa. Così la conversazione fu troncata in buon punto.

Gilda intanto era già rientrata in casa con Lea. Attraversando la sala da pranzo incontrò il banchiere. Lea si buttò al collo del suo babbo, tutta eccitata com’era dalla veglia e dalla festa, che l’aveva tanto divertita. Gilda si ritrasse un poco, aspettando che il signore licenziasse la bimba. Egli la pregò ad accostarsi. Le domandò se si era divertita. Gli era parsa malinconica. Aveva torse dei dispiaceri? Non si trovava bene nella loro casa? Se le mancava qualche cosa doveva dirlo. Se aveva qualche motivo di dispiacere doveva rivolgersi a lui; era il padrone, e in casa sua nessuno doveva permettersi di offendere una persona ch’egli stimava e intendeva proteggere.

Confusa, commossa, col cuore che le batteva forte, troppo forte, Gilda trovò appena la forza di rispondere con parole gentili e rassicuranti a una protesta così inaspettata.

Lei era contenta e stava benissimo, e nessuno