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322 nell’ingranaggio


Finito! finito!

Almeno ella portava con sè, nella morte, tante belle immagini! E portava sè stessa, nel massimo splendore della giovinezza, tutta ardente ancora del suo fervido amore, senza aver sopportato l’oltraggio di una consolazione volgare; senza aver piegato all’oblio nè alla menzogna, come comanda la vita; senza cadaveri putrefatti nel cuore.

La sua morte era una salvezza. Giovanni non l’avrebbe dimenticata mai.

Sempre giovine, sempre bella, sarebbe rimasta nella sua memoria; mentre Edvige invecchiava, con le macchie dei suoi tradimenti, sempre più visibili tra le rughe. Ella sarebbe rimasta il suo ideale fino agli anni più tardi, anche se avesse amato altre; l’ideale dell’amore giovine, dell’amore fedele, che si rifugia nella morte, quando la vita l’offende.

Ella si fermò un momento a guardare l’acqua che scorreva così cheta cheta, al lume delle stelle, dopo aver preso tanta parte nel tumulto della cascata, di cui suonava alto il fragore nel silenzio della notte. Anche a lei la pace dopo la tempesta, anche a lei la dolcezza di quell’onda tranquilla!

Trasse un largo nastro di seta, che aveva in tasca, e si legò le sottane sotto le ginocchia. Si levò il cappello, buttò via la pelliccia, si trascinò giù giù fino al livello dell’acqua, e si lasciò prendere dolcemente... chiudendo gli occhi, invocando l’immagine di Giovanni, mormorando il suo nome.

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