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nell’ingranaggio 299

in cui s’era messo, bisogno di tutta la chiarezza della sua mente, di tutta la libertà del suo spirito.

Qualche volta mentre sentiva alcuni suoi colleghi, discorrere spensieratamente delle loro avventure galanti, un pensiero brutto si formulava nel suo cervello, prima che la sua volontà potesse intervenire: il pensiero che per un uomo d’affari, quella fosse forse la miglior vita. Ma poi aveva orrore di sè stesso.

E se, in quei momenti, il divorzio fosse stato nella legge, nelle abitudini e nelle convenienze, se egli non avesse dovuto affrontare l’odiosità della eccezione, o se, almeno, le antipatiche formalità fossero state già vinte e sorpassate, egli avrebbe sposato Gilda subito e con entusiasmo.

Ma il divorzio non lo aveva fatto, e ora non poteva più farlo; doveva rimanere tutta la vita con l’animo sospeso sopra un abisso di rimpianti e di recriminazioni contro sè stesso?

La presenza dei signori portò un nuovo movimento nella sala; le danze furono interrotte; perchè i signori cominciarono a girare, a complimentare le signore, e a salutare i bambini, i quali, vinto oramai ogni riserbo, chiamavano i loro babbi ad alta voce e si precipitavano contro i loro ginocchi.

Lea, che era uscita un momento, rientrò e andò a dire una parola sottovoce a sua madre, Era l’annunzio di una grande, di una enorme crescenza o carsenza — specie di stiacciata del capo d’anno — che il pasticciere del caffè Cova aveva mandato.

La parola fu sentita, e tante piccole bocche la