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nell’ingranaggio 295

positi nuovi ad ogni anno nuovo, ella era questa volta del numero.

Veramente il suo proposito più caro era di non mutare mai: di essere sempre bella, sempre giovine, trionfante ed abile. Pure, certe imprudenze che l’avevano scossa, non le voleva più commettere; certi pericoli, dai quali sentiva di essere uscita per miracolo, e il cui ricordo le metteva ancora spavento, non li voleva più affrontare. Così la età e la esperienza le davano tutta la prudenza e tutta la saggezza di cui ella era al caso di approfittare. Ciascuno impara quello che può e si assimila quello che gli è confacente.

Gl’invitati cominciavano ad arrivare, mentre ella volgeva intorno a sè uno sguardo di compiacenza, e sorrideva all’opera sua come al suo avvenire.

Lea, tutta vestita di bianco, coi suoi bei capelli, contenuti in una grossa treccia, stretta in fondo da un nastro rosa, e una fusciacca rosa in vita, riceveva i suoi piccoli amici sulla soglia del primo salotto: stringendo le manine e scambiando baci col suo fare elegante e spigliato, come una piccola donna. I due fratellini Minelli e due altri cuginetti, offrivano il braccio alle bimbe e le accompagnavano nella sala da ballo.

Era tutto un mondo gajo quello che arrivava, composto quasi esclusivamente di donne giovani, mammine, sorelline maggiori, piccole zie e bambini.

I babbi, li zii, i fratelli giovinotti, si riservavano di arrivare più tardi per rimanere fino all’ora di pranzo.

Rosina Minelli, tutta piena d’amore per le piccine, lei che aveva soltanto due maschi, si era