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nell’ingranaggio 281


Ma Villa del Ferro l’aveva ajutata a scappare a tempo, e diceva a tutti che la signorina Mauri era stanca e pregava i signori a volerla scusare.

D’altra parte, la compagnia si preparava alla recita di una terza commedia, bisognava cambiar la scena, il posto era ristretto.

I signori capirono e si ritirarono, brontolando un poco. I più incaponiti andarono ad aspettarla nell’atrio, per salutarla al suo passaggio.

Intanto, andando al suo camerino, Gilda ebbe una gradita sorpresa; mistress Thionny l’aspettava nel corridoio. Si era presentata come una parente, e l’avevano mandata là. Entrarono insieme nel camerino e si chiusero dentro. Gilda era tutta commossa, tutta presa dal piacere di rivedere la sua vecchia amica; ma non poteva vincere un senso di vergogna, che le faceva tenere gli occhi bassi, in mezzo a quegli enormi mazzi di fiori, sotto ai quali sparivano completamente i due divanetti e la toelette, unico mobilio del camerino.

L’inglese invece aveva portato con sè tutto l’eccitamento della folla, in mezzo a cui si era trovata, su nella galleria, e non finiva di lodarla. Le pareva tanto elegante, tanto bella, tanto artista.

Oh! se il professore Rachelli fosse stato là, come sarebbe stato felice di vederla nel suo trionfo come l’avrebbe adorata! E si metteva a raccontare del buon professore, dell’affetto sincero che ella gli aveva ispirato, dei discorsi gentili, poetici, dei bei progetti ch’egli faceva tutti i giorni mentre l’aspettavano.

Gilda ascoltava un po’ distratta, con gli occhi