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cattiva ispirazione. Invece di fuggire la vergogna e il disonore, come si era immaginata, non avrebbe fatto che aggiungervi la notorietà. E a poco a poco, questa stessa notorietà avrebbe allontanato da lei Giovanni, che aveva tanta paura di ogni scandalo, di ogni chiasso. Intanto già non era venuto da Roma quella sera, come lo aveva promesso! Invece le aveva scritto e le aveva mandato un braccialetto d’oro ornato di perle fini.

Credeva egli di consolarla con quel dono? Di farle sentir meno forte il dolore della sua lontananza? Dio santo! di già?... Ahi perchè non era venuto? La lettera diceva «impegni indeclinabili», «lavori urgenti.» Forse era vero: ella non poteva giudicarne. Pur troppo, la politica non l’aveva mai interessata. Soltanto dacchè Giovanni era deputato si era messa a leggere i lunghi articoli di fondo di tre o quattro giornali, e i resoconti della Camera.

Ma, per quanto si sforzasse, non riesciva mai a capir bene. La sua fantasia si impazientava di quelle aridezze: la sua intelligenza si smarriva in quei ragionamenti sottili, pieni di sottintesi e di contraddizioni. Poteva darsi dunque ch’egli le dicesse la verità, che lavori urgenti, di una grande responsabilità, lo tenessero laggiù: ma ella era tanto triste che non poteva vincere i suoi cattivi presentimenti.

— Coraggio! — le disse il direttore vedendola così pallida e abbattuta. — Non vuol mettersi il rossetto?

Ella crollò il capo.

— Oh! non ne ha bisogno — disse Girotti — quando sentirà il caldo dei lumi, si animerà subito. Beva queste intanto: è chartreuse, le farà bene.