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moglie, di certe voci che erano corse, e della abilità con cui Pianosi le aveva sventate.

E il banchiere Wellison cercava nei palchetti la signora Edvige, con la quale avrebbe scambiato volentieri un saluto.

Ma Edvige non c’era. Tornavano a parlare di Giovanni, notavano con piacere ch’egli era stato sempre così abile, così pieno di tatto; e però predicevano che avrebbe fatto strada anche nella politica. Il conte Ceriani, senatore e banchiere, diceva che tutto il buon senso della nazione era concentrato nell’alta finanza; e i suoi occhietti scintillavano di compiacenza e di furberia.

I giornalisti seduti nel palco dell’ingegnere Santini deploravano che vi fossero poche signore: che l’elemento femminile, confinato nelle sedie e nelle gallerie, in second’ordine, appartenesse più che altro alla piccola borghesia. Riccardo Lozza domandava a Santini se la signora Edvige era rimasta a casa; e Santini che non ne sapeva nulla rispondeva a caso di sì, aggiungendo che era un po’ indisposta, per sembrare bene informato. Egli era irritato con Edvige, si sentiva messo da parte, disprezzato: avrebbe voluto vendicarsi raccontando a tutti la breve avventura che aveva avuto con lei; ma non osava macchiarsi di questa vigliaccheria. Era di quelli che commetterebbero volentieri certe bassezze, se non si chiamassero tali dei tali. La grande ammirazione di sè stessi in cui vivono, li salva qualche volta da certi errori e li fa parere veri gentiluomini.

Tre belle ragazze, sedute in platea, attirarono i loro sguardi. Erano tre antiche compagne di Gilda, venute apposta per vederla, anche loro: la