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nell’ingranaggio 269


— Io? — disse l’Arrisi stringendo gli occhi dietro alle lenti: credi che se non fossi stato tanto morigerato avrei ancora i capelli neri?

Una risata sonora echeggiò nella sala, e tutti insieme uscirono da quella specie di cripta, ripassarono la sala buja, la piccola entrata, il cortile, il sottoportico, il cortiletto, l’andito lungo, con la sua svariata esposizione di cartelli e di cartellini, e si ritrovarono sul Corso Vittorio Emanuele.

— A domani, signorina — dissero gli uomini salutando rispettosamente.

— A domani — mormorò Gilda — inchinandosi.

Ella si allontanò svoltando in Via San Pietro all’Orto, mentre gli uomini, traversato il Corso, entravano dall’Hagy.

[XVI.]

La sera in cui Gilda Mauri doveva finalmente fare la sua prima comparsa davanti al pubblico, lo spettacolo cominciava con una vecchia commedia in un atto di Camillo Lima. Palchi e poltrone erano tutti venduti da due giorni; ma per il momento, il teatro presentava il solito aspetto di tutte le sere: una mezza piena, sparsa nelle sedie numerizzatee nei palchetti; più fitta nelle sedie di platea senza numero. In queste erano gli abbonati e gli spettatori tranquilli che vanno al teatro per godere tutto lo spettacolo e dar un divertimento onesto e poco costoso alle figliuole e alle mogli. Gli altri, quelli che avevano comperato la maggior parte delle poltrone e i grandi palchetti laterali del prim’ordine, non avevano fretta di entrare.

I più aspettavano nell’atrio la fine della prima