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nell’ingranaggio 255


Nessun teatro ha forse una porta così poco teatrale. Ciò che v’ha di certo è che la porta non fu fatta per il teatro.

Esso se ne sta come imprigionato nel ventre di quell’alta casa che porta il numero 15 sul Corso Vittorio Emanuele. La casa ha una facciata poco larga, ma essa si prolunga a guisa di serpente dalla parte posteriore, incastrandosi nel vasto agglomeramento di case, d’ogni valore ed aspetto, circoscritto dal Corso stesso e dalle vie San Paolo, Soncino Merati e San Pietro all’Orto.

Sopra l’arco della porta tra le mensole di un poggiolo, una specie di lunga cassetta di cristallo reca la leggenda; «Teatro Milanese.» Ma di giorno è facile che uno passi senza vederla. Di sera, una fila di fiammelle a gas accese dietro al cristallo e ajutate da due lampioni a lastre bianche e rosse, chiamano l’attenzione della gente.

Un’altra particolarità caratteristica di questa porta curiosa sono gli avvisi, i cartelli e i cartellini e insegne di ogni forma.

Prima di tutto, due avvisi dello spettacolo incollati sugli stipiti, uno per parte; poi spiccanti fra i cartellini più piccoli, due o più quadri di fotografie, di biglietti da visita, una insegna di sartoria, una di negozio di pianoforti, e quella grande della Chemiserìe Parisienne (i Milanesi di buon umore leggono: che miserie) la quale occupa il posto d’onore al primo piano. Un cartellino manoscritto, con ortografia scapigliata, avverte eziandio l’esistenza di una pettinatrice. Vi è una osteria interna, un caffè ancora più interno, poi magazzini, botteghe da falegname, alloggi numerosi per ogni sorta di gente, pensioni per can-