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a cuore, che tutta quella vita infine gli premeva, in un altro modo, ma con la medesima intensità dell’amore, lasciandole intravedere che il lavoro e la soddisfazione di un giusto orgoglio erano elementi necessari della sua esistenza, fonti vive, al cui contatto le sue forze rinverdivano. E lei che sapeva tutto questo da tanto tempo, che l’avea indovinato per virtù di amore, meditando nel silenzio delle notti vegliate al suo capezzale; lei che avea affrontato coraggiosamente il sacrificio che l’amore le imponeva, per impedire che lui ne facesse di troppo gravi, lei, ora che gli avvenimenti seguivano il loro corso naturale e preveduto, si sentiva straziare l’anima e soccombeva sotto il peso che le era parso dolce.

La felicità completa di cui avea goduto in quel mese, la vita a due, soli, lontani da conoscenti nojosi, quella vita di marito e moglie, così dolce nella sua confidenza, così ben fusa nel pensiero e nella realtà, così poetica e piena di salvaguardie per la donna che ama con tutte le sue forze e si dà completamente, senza secondo fine, l’avea trasformata ancora una volta nell’intelletto e nel sentimento, come nelle forme esterne, le quali avevano raggiunto una opulenza sobria, una bellezza perfetta. Era donna ora e femmina.

Il filo di logica generosa, quasi impersonale, a cui si attaccavano tempo addietro i ragionamenti della vergine innamorata, era spezzato adesso. Adesso, nella sua femminilità ardente e sincera, ella sentiva che soltanto il possesso assoluto dell’uomo cui apparteneva, avrebbe potuto renderla soddisfatta e contenta. Non era il lavoro, nè l’ambizione di cui egli sentiva gli sproni, quelli che