Pagina:Speraz - Nell'ingranaggio.pdf/248

244 nell’ingranaggio

che soldo per la commissione che ti ho fatto, non aver riguardo: sono il portaceste.

Con le mani che le tremavano, Gilda prese il portamonete e ne cavò a caso, un biglietto, che offrì a suo padre senza guardarlo.

— Oh! oh! — esclamò lui —cinque lire! Brava la mia piccina! Tu non sei spilorcia tu, lo si vede, hai il sangue di tuo padre!...

E finalmente se ne andò. Gilda non avrebbe potuto frenarsi di più.

Rimase ritta in piedi, con la schiena appoggiata nel vano della finestra, guardando giù nella corte grigia, dove in capo a pochi momenti vide ricomparire la figura di suo padre che si allontanava lentamente, dondolandosi un poco, con la testa ripiegata, le spalle curve...

— Il suo sangue! — mormorò mentre un fuggevole rossore le tingeva le guance pallide.

Certo, il suo sangue! Una fatalità, cui aveva inutilmente tentato di ribellarsi con tutta l’anima sua. Ora il destino li riavvicinava. Senza accorgersene ella stava per seguire i consigli e l’esempio di lui. Presto ella si sarebbe presentata sulla scena, figura secondaria, merce da esposizione, una nullità dal punto di vista dell’arte. Press’a poco come lui. E invece di salire, come era sempre stato il suo sogno, sarebbe forse discesa giù giù, come lui. Eppure, data la sua posizione, quella era incontestabilmente la migliore uscita. Il teatro era l’ultima àncora di salvezza, non soltanto per lei ma per due terzi almeno di quelle donne accorrenti a Milano da tutte le parti del mondo, a studiare il bel canto, a tentare la fortuna della scena: vale a dire a cercare di farsi una posi-