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zio, che poi tutto a un tratto fu scoperto essere un amante, e tutta la pensione ebbe l’aria di scandalizzarsene.

Per il momento queste signore rappresentavano l’aristocrazia della casa, e la contessa Farinola era smaniosa di farle vedere.

Lei stessa era una macchietta degna di nota e una celebrità fra le affittacamere milanesi. Era vedova con due figliuoli e una figliuola maritata a un sensale di prestiti. Anche il figliuolo maggiore era accasato e stava da sè; era nel commercio e aveva ripudiato il suo titolo di nobiltà, considerandolo un imbarazzo. Solo il terzo figliuolo stava con la madre e faceva un po’ di tutto, compreso l’attore al teatro Milanese, La madre era una donnetta di media statura, grassotta, con bei lineamenti, meravigliosamente conservata per i suoi sessantacinque anni, se non avesse avuto le palpebre sempre rosse con le ciglia bruciate da un calore cronico. Il suo tich pronunciatissimo era di raccontare a tutto il mondo le sue avventure amorose, lo splendore della sua giovinezza e le pazzie che gli uomini avevano fatto per lei.

La conversazione fra queste signore, che parlavano tutte l’italiano assai correttamente, fu abbastanza animata. Parlarono naturalmente di cantanti, di teatri, di scritture, degli amori delle assenti, che Gilda non conosceva; del teatro Milanese, di Villa del Ferro, che era andato anche lui a pranzo in quella pensione, per tutta una estate, e di cui tutte quelle donne vantavano la bellezza, il fare da signore un poco annojato e lo spirito arguto; non tutte erano egualmente d accordo sulla bellezza e i meriti delle attrici dello