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nell’ingranaggio 227

rire, tornerò in pericolo. E perchè non vi siano altri pentimenti, morirò.

Gilda scoppiò a piangere.

Allora egli si calmò subito e andò a mettersi ai suoi piedi avvilito e triste.

— Dovresti odiarmi! disse: non so far altro che tormentarti!

Posò la fronte sui suoi ginocchi e pianse con lei. Ma quell’abuso delle sue poche forze lo aveva sfibrato. Gilda s’accorse che stava per cadere, aiutò a rialzarsi con grande fatica. Egli tornò a sedere e abbandonò la testa sui guanciali.

Il penoso soggetto che li aveva tanto rattristati fa lasciato cadere. Tornarono all’amore schietto e giocondo che inebbria di sè medesimo e dimentica tutto quanto lo circonda, e ciò che fu e ciò che sarà.

Tornarono alle tenerezze delicate, quasi infantili alle paroline mormorate fra due baci, alle espansioni dolci dell’anima, che sono come. fior, primaverili dell’amore, ed hanno di quei fior, il profumo acuto, indimenticabile.

Per lei, questo era il più alto punto dell’ebbrezza sognata; stargli stretta al fianco, con le braccia intrecciate, le due teste affondate nello stesso guanciale, i capelli confusi, gli occhi immersi negli occhi, le bocche avide, ridenti, bacianti...

Per lui...

L’affievolimento della malattia, che per poco non lo aveva ucciso; il carattere di tenerezza profonda che aveva preso il suo amore in quello stato di intimità casta, in cui avevano vissuto due mesi, lui infermo, lei suora di carità; infine, la fiera an-