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nell’ingranaggio 215

era avvenuto di lui? Dove era andato? Guardava sempre le quarte pagine e le terze pagine dei giornali stranieri, pensando ch’egli potesse mandarle per quella via un qualche cenno, un saluto. Ma se qualche avviso strano l’aveva fatta palpitare, ella si era poi subito accorta, che non poteva essere di lui. Di lui, nulla, nemmeno un segno. Ella pensava qualche volta che s’egli fosse venuto a scoprire — e un giorno o l’altro poteva accadere — la parte ch’ella aveva rappresentato in quella catastrofe, difficilmente gliel’avrebbe perdonata.

Per fortuna egli non poteva rimettere piede in Italia senza rischiare di essere arrestato. E tuttavia questa fortuna, qualche volta le pareva dura.

In quel frattempo i giornali annunziarono l’esposizione dei mobili per l’asta, nella solita sala delle aste pubbliche, situata in una piccola via centrale.

Edvige lesse l’annunzio in un giornale della sera e subito la prese un irresistibile desiderio di rivedere quei mobili. L’avviso diceva che l’esposizione rimaneva aperta fino alle sette di sera. Erano le cinque e mezzo. Aveva tutto il tempo, ed era appunto l’ora più opportuna per non incontrare dei conoscenti.

Già se li vedeva ripassare nella memoria quei buoni complici incapaci di tradire, quei muti amici condannati all’esilio. Alcuni le parevano tutti dolenti, tutti umiliati di quella posizione. Provava una specie di tenerezza specialmente per una poltrona foderata di seta color avorio a fiori celesti, dove aveva tanto pianto in una delle