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e i costumi del Settecento, contro la famosa letteratura civile e il romanticismo di quaranta anni fa, e i costumi borghesi dei nostri tempi. Ella adorava il secolo della cipria, dei nei, dei cavalieri serventi e dell’amore libero, poichè ella sosteneva che a que’ tempi, sotto la salvaguardia del matrimonio, l’amore libero era una vera istituzione.

A tale uscita tutti erano insorti contro di lei.

Adriani le aveva detto che, tutto al più ella confondeva l’amore con la galanteria. Ma lei audacemente aveva risposto:

— Parole!

E aveva sostenuto che sotto a quella apparente leggerezza si nascondeva una grande profondità di pensiero, e che per suo conto rimpiangeva amaramente di non esser nata un secolo prima.

Poi si era messa a dire che il torto più grande della società moderna era di avere fatto una confusione deplorevole fra il matrimonio e l’amore, dopo lo splendido esempio di buon senso dato dal Settecento.

Che l’amore e il matrimonio non avevano fra loro altro che una comunità materiale, con due caratteri assolutamente opposti: il matrimonio grave, serio, pieno di obblighi e di noje e assolutamente volontario, come un contratto civile: l’amore, tutto raggiante di bellezza, pieno di sogni, di capricci, e assolutamente fuori della volontà, come una vera necessità della vita.

E aveva voluto spiegare come ella ammettesse la indissolubilità del matrimonio nelle condizioni presenti della società, perchè troppi interessi vi erano legati, e poi perchè il divorzio aveva qualche cosa di puritano, di pretenzioso, di crudele.