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188 nell’ingranaggio


Ella si rimise prontamente. Soltanto la sua voce rimase come strozzata. Le sue labbra si movevano, ma i suoni non erano articolati. Con un cenno fece intendere al domestico che egli non doveva ritardare la sua commissione.

Quando si sentì abbastanza forte, s’avviò verso la cucina. Questa parte dell’appartamento, di solito così allegra, aveva a quell’ora un aspetto lugubre. Nessuno aveva pensato ad accendere il gas. Dalle finestre spalancate entrava l’aria umida della notte. Giacomo stava mettendo del ghiaccio in un apparato, e la Sabina lo rischiarava con una lucernina, che la corrente faceva vacillare. Parevano tutti e due inebetiti. Gilda rimase immobile con gli occhi sbarrati.

In quel momento entrò nella cucina un signore, prese l’apparato dalle mani del cuoco, e scappò via; era il medico.

Gilda s’avvicinò alla Sabina e la interrogò con lo sguardo.

Questa tentennò il capo.

— È un gran male disse: una congestione, complicata con altri sintomi allarmanti: così dice il dottore.

— Ma quando? — poterono finalmente articolare le labbra di Gilda.

— Quando s’ammalò?... — ripetè la Sabina. Un’ora fa, io credo. Rincasò dopò mezzanotte; io ho sentito perchè non ero ancora addormentata.

La fanciulla accennò che lei pure lo aveva inteso. La Sabina riprese a dire:

— Andò nella sua camera come il solito, accompagnato dal domestico, che licenziò subito come il solito. Io m’addormentai; quando, sarà stato